Oltre sciopero e riot: la comune come forma-di-vita

Estratto (tradotto in italiano) dal nuovo libro di Joshua Clover: “Riot. Strike. Riot: The New Era of Uprising“, pubblicato da Verso.

I riot stanno arrivando. Sono già qui, nuovi sono in arrivo, nessuno ne dubita. Meritano una teoria adeguata. Una teoria del riot è una teoria della crisi. Questo è vero sia a livello macroscopico che locale, nelle vetrine che si infrangono e nel fuoco, dove il riot per si pone come l’irruzione: in una situazione disperata, nella miseria al suo limite estremo, nella crisi di una qualsiasi comunità o città—per poche ore o qualche giorno.

Aldilà della prospettiva, i riot hanno ottenuto una intransigente centralità sociale. Le lotte sul lavoro si sono tendenzialmente ridotte ad esauste azioni difensive, mentre il riot si manifesta sempre di più come figura centrale dell’antagonismo politico, uno spettro che salta dai dibattiti insurrezionali agli studi governamentali, alle copertine patinate dei magazine. I nomi sono diventati punti ordinali del nostro tempo. La nuova era dei riot affonda le radici a Watts, Newark, Detroit; passa attraverso Piazza Tiananmen nel 1989 e Los Angeles nel 1992, presentandosi nell’adesso globale di São Paulo, Gezi Park, San Lázaro. Il riot proto-rivoluzionario di Tahir Square, il riot quasi-permanente di Exarcheia, la svolta reazionaria di Euromaiden. Nel cuore di tenebra [della società]: Clichy-sous-Bois, Tottenham, Oakland, Ferguson, Baltimore. Troppo per contarli.

Il riot, il blocco, la barricata, l’occupazione. La comune. Questo è quanto vedremo nei prossimi cinque, quindici, quarant’anni.

La lista non è nuova. E’ diventata una sorta di senso comune tra alcuni gruppi che si identificano con la fine del Programma. Nel mio nuovo libro, Riot. Strike. Riot: The New Era of Uprising (Verso, 2016), ho provato a delineare le basi teoretiche e storiche sul perché ulteriori lotte nella sfera della circolazione siano inevitabili nelle circostanze attuali, e di come una comprensione migliore di questo framework concettuale e della storia materiale si dovrà scontrare con i limiti delle più recenti ondate di lotta, mentre allo stesso tempo dovrà cercare di abbozzare l’essenza, figurativamente parlando, dalla quale le lotte in divenire fioriranno.


Se la strada e la piazza sono state i due luoghi privilegiati dagli ultimi cicli di lotta e riot contemporanei, entrambi si aprono nella comune. La comune, d’altro canto, non è un posto in quel senso, non è un “agglomerato territoriale”, come espresso da Kropotkin. La sua storia ha dimostrato come questa sfugga a quella designazione, persino quando specifiche istanze prendono il nome della loro locazione geografica. Si potrebbe piuttosto dire che è una relazione sociale, una forma politica, un evento. Ha assunto tutte queste definizioni. Potremmo anche suggerire che sia una tattica.

All’interno delle trasformazioni del presente, la forma della comune è impensabile senza la modulazione dalla tradizionale classe lavoratrice ad un proletariato più esteso. Specificatamente, non è orientata dai lavoratori produttivi, ma piuttosto dall’eterogeneità di una popolazione senza riserve. Come per il riot, la comune può includere lavoratori, ma non necessariamente in quanto tali. Kristin Ross argomenta che la comune è definita in parte dalla completezza delle proprie relazioni.

A differenza della fabbrica, quello che la comune ha offerto come medium politico e sociale è stato un unico ed allargato calderone sociale che ha incluso donne, bambini, contadini, anziani, disoccupati. Non ha compreso solo il reame della produzione ma anche quello del consumo.

La comune, quindi presenta una linea di continuità col riot. Presuppone l’impossibilità di modulare il salario per assicurare ogni metodo emancipativo. E’ molto probabile che venga inaugurata, come molte battaglie della prima ora dei riots, da coloro per le quali si è posta da sempre la questione della riproduzione oltre il salario—coloro che sono state forgiate come le portatrici di quelle crisi. “Le donne sono state le prime ad agire”, ci ricorda Lissagaray rispetto alla Comune di Parigi, “indurite dall’assedio—loro hanno avuto una doppia razione di miseria.” Quell’assedio che è il genere non ha mai avuto fine.

Allo stesso tempo, la comune rompe dalla tradizionale base dei riot sulla configurazione dei prezzi dei beni di consumo, perché l’approvigionamento verso la sussistenza non si può più riscontrare in queste azioni. Supera lo sciopero e il riot. In questa situazione, la comune non emerge come “evento”, ma come tattica di riproduzione sociale. E’ fondamentale intendere la comune prima come tattica, come pratica sulla quale la teoria è adeguata. Oltre lo sciopero e il riot, quello che distingue i problemi e le possibilità della riproduzione da quelli della della produzione e del consumo è quanto segue: la comune è una tattica che è inoltre una forma di vita.

Le comuni in divenire si svilupperanno dove sia la produzione che la circolazione delle lotte si sono esaurite. Probabilmente queste comuni emergeranno primariamente non nelle città murate o in comunità in ritiro, ma nelle città aperte dove coloro che sono esclusi dall’economia formale e sono lasciati a fluttuare a largo ora stanno guardando il fallimento del mercato nel soddisfare i loro bisogni. Gli spalti intorno ai muri di Thiers sono ora la Boulevard Periphérique, la popolazione in eccesso si raccoglie ora sui raccordi intorno a Lima, Dhaka e Dar es Salaam. Ma non solo lì.

Le cose cadono a pezzi, e centri e periferie non riescono a reggere. Giriamo in tondo nella notte e veniamo consumati dal fuoco. Forse la lunga crisi del capitale si esaurirà, è una scommessa pericolosa da entrambe le parti. All’interno della persistenza della crisi, però, la riproduzione del capitale attraverso il circuito della produzione e circolazione (salario e mercato) appare sempre di più non come possibilità ma come limite alla riproduzione del proletariato. Un circuito morto e avvolto dalle fiamme.

Qui i riot ritornano tardi e appaiono presto, sia troppo che troppo poco. La comune non è altro che il nome del tentativo di oltrepassare questo limite, una catastrofe peculiare che deve ancora venire.

Traduzione da https://roarmag.org/essays/riot-strike-riot-clover-excerpt/ a cura di Barbarie