Bello Figo, una chiave inglese sulla cultura della serietà – SWAG ANTIFA
Non mi sporco le mani
Perché sono già neroBello FiGo ft The GynoZz
La provocazione è sempre stata un tratto saliente dei movimenti rivoluzionari più effervescenti e spesso efficaci. Si pensi alla risata che seppellisce di anarchica memoria, agli zut di Radio Alice, all’arroganza tamarra di un proletario che durante un esproprio al supermercato getta a terra il pane e se ne va con lo champagne. Provocazione e tracotanza, quando collettivi, sono segni di una consapevolezza di potenza: potenza irrisoria che erompe dagli angusti argini del miserabilismo e della peggiore retorica poverista.
Il rapper parmigiano di origine ghanese Bello Figo, scanzonatamente antilavorista e derisorio del discorso fascista di difesa delle “nostre donne” e di stato sociale riservato agli italiani, esplicita un’attitudine che le/i rivoluzionari* dovrebbero essere pront* a rivendicare e difendere sempre e sotto qualsiasi forma si presenti.
“Dovrebbero” perché continuano spesso a legarsi coi lacci della seriosità, che evidentemente suppongono essere la sola strada materialmente efficace da percorrere verso una rivoluzione, futura, che non arriva mai e che non trova mai spazio nella costruzione di una quotidianità diversa e godibile. Senza, peraltro, avere riscontri empirici di tale supposizione.
La stessa autoimposizione castrante che porta molt* compagn* a distanziarsi da un Bello Figo, li porta poi a tentennare nel prendere posizione di fronte alle minacce che giungono a lui dalle crescenti forze neofasciste che sempre più spesso lo costringono a cancellare i suoi concerti.
Forze neofasciste che sappiamo bene non essere capaci solo di ciarlare via internet, ma anche di azioni materiali.
Si contano finora (al 24 gennaio) ben 3 concerti annullati da Bello Figo per via delle minacce ricevute dagli organizzatori degli eventi: Borgo Virgilio (Mantova), Legnano (Milano) e Brescia. L’ultima provocazione in ordine cronologico è un tazebao esposto a Roma da un gruppo neofascista (Azione Frontale) di fronte agli Ex Magazzini, locale di Testaccio che ospiterà (sempre che non salti) il concerto di bello figo il 4 febbraio. “Siamo pronti a picchettare gli ingressi” dicono i fascisti che sembrano compattarsi nell’odio verso il rapper di Parma e verso quello che Bello Figo rappresenta: la capacità di un ragazzo di smontare con i suoi testi la retorica di sinistra che vuole i migranti come dei poverini incapaci di autodeterminarsi e di desiderare una vita fuori dal capitalismo. Una retorica impotente che non preoccupa i padroni e i loro scagnozzi con la camicia nera.
Se i razzisti assumono una posizione chiara verso Bello Figo, non si può dire lo stesso delle compagne e dei compagni che affrontano quotidianamente la stessa violenza fascista. Eppure sembra contraddittorio che un movimento che ha fatto della lotta per la casa una sua rivendicazione centrale e aggregativa non prenda una posizione di piena apertura e solidarietà verso chi ha fatto di uno degli slogan della lotta per la casa “io no pago affito” il nome stesso del suo tour. Le costanti minacce da parte di gruppi neofascisti dovrebbero quantomeno far riflettere tutte e tutti le/gli antifascist* sulla posizione di Bello Figo nello scenario mediatico, culturale e politico italiano. Nonostante questo, parti di movimento sembrano incapaci di fare proprie le parole e le provocazioni di qualcuno che non sia stato creato a tavolino dai leaderini dei vari gruppi a margine di un’assemblea fiume di 12 ore.
Bello Figo, forse inconsapevolmente, indica un orizzonte in cui la cosiddetta “provocazione” può essere un’importante arma per i/le rivoluzionari/e.
Sabato 14 gennaio, a Milano, mentre l’antifascismo di maniera faceva una passeggiata per il centro per dichiarare che il fascismo è “incostituzionale, illegale, brutto&cattivo” un gruppo di ragazzini che piazzavano all’arco della pace si trovavano davanti l’odioso presidio di Forza Nuova.
La reazione? Dopo aver urlato ai camerati gli epiteti che più gli si confanno (“merde”) ci si mette a dabbare davanti a loro e a suonare a tutto volume “Io no pago afito”.
I fascisti esterrefatti, paralizzati dalla propria miseria e dalla spontaneità veramente rivoluzionaria di quei ragazzini e di una canzone che riporta tutto al suo archè, che non è altro che il desiderio.
Perché dobbiamo tornare a dire che è il desiderio quello a cui puntiamo, dobbiamo tornare a dire che noi non vogliamo pagare l’affito, che non vogliamo vivere una vita di merda fra le catene del lavoro, che vogliamo tutto e subito, e che ce lo prenderemo.
Bello Figo lo dice, forse scherza, probabilmente provoca, lo fa in forma spuria, eppure chi lo ascolta comincerà a desiderare una vita diversa da quella che ci viene venduta in cambio del nostro tempo vitale.
E noi cosa faremo? Continueremo a fare politica per mestiere? Continueremo a essere seri e compunti? Saremo, in ultima istanza, vecchi grigi e innocui?
Serve darsi una scrollata e prendere una posizione, lasciando andare ogni forzato giudizio discretivo e ogni posizione elitista, perché quella contro le pratiche dell’autoritarismo fascista non è solo la lotta di Bello Figo.
Questo vuole essere uno spunto.