Hellworld

Traduzione dell’omonimo pezzo di Harper Ferry, pubblicato su Ultra.

Da qualche parte ai piedi boscosi delle delle North Cascades, un gruppetto di comunist* si raccolse per evocare i morti. Ero un* di loro, ma non sapevo di preciso cosa stessimo facendo. Ero vicino al piano della cucina che guardavo fuori, oltre il prato, fumavo erba con le/gli altr* e parlavamo di come e perché tutti amassimo Kanye. Ad un certo punto un paio di streghe (nostre amiche) si unirono a noi e ci spiegarono come raggiungere la strada di ghiaia per arrivare al fienile. Da quel momento, le nostre amiche si calarono nel ruolo di inespressive accolite. Portavano torce da giardino; ci condussero lungo un sentiero nel bosco che man mano diventava più scuro, facendo attenzione affinché evitassimo pozzanghere e doline. Ci guidarono oltre il piccolo ruscello che correva parallelo, sebbene molto più tranquillo, al fiume che si trovava 400 metri più in là, oltre il bosco. Eravamo entusiast*, solenni, e probabilmente più curios* che altro. Il soffitto di abeti di Douglas incombeva sopra di noi come un drappo nero gettato sulla testa di una persona rapita, come se il cielo non volesse che vedessimo il suo volto. Di tanto in tanto sentivamo un fruscio tra i cespugli che ci faceva sobbalzare.

È stata una settimana piovosa. La foschia del Northwest è ottima per la necromanzia e il black metal, ma la pioggia ha la capacità di inzuppare le buone vibrazioni rendendole pesanti e ombrose. L’anno scorso, quando campeggiammo qui, c’erano il sole e il fumo degli incendi boschivi poco distanti. Quest’anno abbiamo avuto pioggia e nebbia. La foresta in questa parte del paese sembra magica, ma la magia non è sempre invitante e bizzarra. Quando facemmo il rituale, era tragica e funesta. Nessuno ha mai detto che il mondo è qui per te. Non è nemmeno qui per sé stesso. È semplicemente qui.

Mentre mi facevo strada con attenzione nel fango, la foresta minacciosa continuava a riempirmi di spavento. L’unico pensiero che avevo fisso in testa durante la solenne marcia era come la gente al campeggio avesse cominciato ad utilizzare il nomignolo “Hellworld” per descrivere tutta la merda che fa schifo nella vita. Qualcun* l’aveva utilizzato una volta e da lì aveva cominciato a propagarsi. Lo cacciavamo in ogni frase possibile perché riuniva i nostri problemi in un unico e coerente pantano. Hellworld era gli sbirri. Era il lavoro. Era la rampante e annichilente impossibilità di avere gioia sulla terra. Hellworld è la vita di ogni giorno.

La mia amica Emily s’è tolta la vita quest’anno. È stata una cosa grossa. Non posso dire che io e lei fossimo particolarmente intim* (anche se passavamo molto tempo insieme) ma la sua dipartita da questo reame è stata una catastrofe per chi di noi le è sopravvissut*. Penso sia semplicemente così. Ognun* è a lutto, le nostre reti affettive sono a loro volta a lutto, e nessun* riesce a far quadrare la propria vita. Hai mai provato a toccare il fondo mentre stavi nuotando per accorgerti solo in quel momento che l’acqua era più profonda di quello che pensassi? L’acqua che ti invade il naso e la bocca mentre cerchi di respirare: quello è Hellworld.

Finalmente arrivammo esitanti ed un poco impauriti al sito del rituale. Era un piccolo spiazzo con una sorta di altare nel mezzo: lo scheletro di una piccola canoa rovesciata, sospesa in aria grazie a due treppiedi di legno grezzo. Tra i treppiedi, piccole pietre bianche erano legate allo scheletro della barca, dando l’impressione di essere pioggia, o per lo meno delle luci di natale della forma di ghiaccioli pendenti. Alla base di ciò si trovava una piccola pila di pietre grezze e larghe (tradizionalmente conosciute col nome di tumulo, se la mia memoria di pessimi romanzi fantasy è corretta). Gli organizzatori del rituale uscirono quindi presentandosi a noi e accesero altre torce da giardino e quelle che credo fossero centinaia di quelle piccole candele da tè che i maestri di arte delle scuole elementari adorano.

Qualcosa nell’atmosfera mi aveva già res* uno straccio. La teatralità mi aveva colpito, forse, o c’era troppo ozono nell’aria. Mi sentivo terrorizzat* per ragioni che non riuscivo a identificare. Le/gli organizzator*, o, come li/le chiamerò da qui in avanti, “la Commissione delle Streghe”, cominciarono con una breve spiegazione di ciò che intedevano per «rituale».

Per come l’avevo capita, la questione era contattare i/le nostr* amic* cadut*, così come coloro che sono mort* senza che noi nemmeno le/li avessimo conosciut*: vittime di tratta degli schiavi, enclosures, polizia, povertà, abusi, omicidi – affinché potessimo aggiungere la loro forza alla nostra. Tutt* insieme, le/i nostr* amic* mort* rappresentano una continuità nella storia di Hellworld, il suo peso che incoscientemente spinge i corpi nella sporcizia come fatto necessario alla sua stessa esistenza. Il fiume Stige, che attraversa l’Inferno, è composto da tutti i sorsi che ci siamo versat* in onore delle/dei nostr* compagn*. Al di là di certi dibattiti fattuali riguardo allo stato corrente dei morti, con quali migliori alleati potremmo sperare di allearci contro il mondo?

Non è così sorprendente quando rifletti sul fatto che comunist* e anarchic* potrebbero avere una relazione piuttosto ravvicinata con i morti – non solo per il fatto che spendono un sacco di tempo leggendo e discutendo il lavoro teoretico di persone morte. Dopo tutto, alla base del comunismo c’è un profondo disadattamento a Hellworld. Tutt* conosciamo persone morte, è un fatto della vita, ma se combini questo all’abitudine a frequentare sottoculture incestuose e frustrate, nonché un background esistenziale in gruppi che trovano la vita in Hellworld più dura di qualsiasi altro, i corpi sfortunatamente cominciano ad ammassarsi (la lista comincia ad allungarsi?). Come disse il comunista tedesco Eugen Leviné alla corte che lo mandò a morire di fronte al plotone d’esecuzione: “noi comunisti siamo persone morte in congedo“. È vero per tutt*, ovviamente, ma forse è specialmente vero per coloro tra noi la cui esistenza potrebbe un giorno minacciare il tranquillo scorrere del capitale.

Dopo la parte più coreografica del rituale, che incluse poesia e teatro, le/gli spettatrici/ori furono incoraggiat* a chiamare specifiche persone morte che desideravano invitare all’interno di quello spazio. La gente parlò di genitori e nonn*, amic*, vittime di omicidi di polizia, mariti, fidanzati e bigotti, autori/autrici d’impatto, personaggi prominenti dei movimenti sociali, ecc. Per quanto mi riguarda, riuscii a pensare solo ad Emily.

Emily si tolse la vita per sfuggire a Hellworld. Cosa significherebbe chiamarla indietro, in qualsivoglia forma ci si possa aspettare che una morta ritorni? Specificatamente, il suo ultimo desiderio fu di essere morta. Chi sono io per desiderarla viva? Di maledirla con la rinascita quando la nascita le fu così ostile?

Scommetto che Lazzaro si incazzò parecchio con Gesù. Morire, sfuggire a Hellworld e andar dritto in Paradiso per poi essere chiamato indietro in qualche tomba ammuffita tre giorni dopo dal suo amico, il borioso figlio del falegname? Nah. Non potevo provare a far quello ad Emily. Mi ha fatto pensare a quella frase di Cioran: “aver commesso ogni peccato tranne quello di esser padre”. Con questo in mente, decisi invece di aderire alla cerimonia magica chiamandovi il mio defunto padre. Quello sfaticato non fece granché per me in vita, per cui non mi preoccupai troppo a chiedergli qualche stronzata dall’aldilà. Ancora una volta, però, mio padre fallì nel materializzarsi in qualche modo significativo. Questo, più di qualsiasi altra cosa, esemplificò le mie sensazioni non solo rispetto al rituale, ma ai morti in generale.

Non sono esattamente un* non-credente rispetto al mondo della magia, ma lo sono rispetto alle sue pratiche in generale. Sono interessat* alla magia che è profondamente inumana, che destituisce l’essere umano dalla possibilità di imporre il suo dominio sul mondo e sulle energie che lo muovono, una magia oscura che è difficile da utilizzare in quanto si manifesta in modalità che sono impossibili da conoscere. I morti, penso, ricadono nella categoria dell’inconoscibile e sicuramente si rifiutano di essere imbrigliati.

I miei morti sono morti. Per me questo è il punto, più o meno. Non sono semplicemente a lutto per Emily. Piango qualsiasi realtà concepibile che non l’avrebbe portata a scegliere di non-esistere. Piango un mondo che offra possibilità che siano meno distruttive dell’essere obbligat* a lavorare solo per avere del cibo di cui nutrirsi ed un posto in cui vivere. Quello sarebbe un mondo in cui Emily avrebbe potuto sopravvivere. Sarebbe un mondo in cui io potrei sopravvivere. Invece, eccomi qui, mezzo-mort* a chiedere ai morti di essere mezzo-vivi.

Tutto sommato, sembra che globalmente le sedicenti streghe cosmopolite di oggi basino le proprie pratiche sia sulle calunnie dei cacciatori di streghe che sulle ricostruzioni storiche dei rituali e delle pratiche magiche. Per molt* la reviviscenza (molto trendy) della stregoneria è principalmente un movimento estetico che riproduce l’immaginario delle streghe più per tentare di incarnare audacemente un tabù che come mezzo per dispiegare un potere personale nel mondo. Affinché non ci si emozioni troppo rispetto al carattere evidentemente antisociale di questa evoluzione, Hostis ci ricorda che

La scomparsa di figure sante non significa che i racconti morali siano spariti. La virtù oggi appare negativamente; la malvagità viene esposta agli spettatori di modo che ‘facciano le proprie scelte.’ Questo funziona raramente, però, dal momento che il postmodernismo si fa beffe della “disruption” – non esiste molto che sia tuttora sconvolgente. I ragazzi delle confraternite apprezzano sia American Psycho che Fight Club a seconda del loro umore. Ci sono parecchi broker finanziari che leggono Bukowski come parecchi analisti della Difesa non si perderebbero un episodio di ‘Girls’ la domenica sera. Questo conferma un sospetto che molt* hanno avuto rispetto alla potenzialità radicale delle politiche culturali, ossessionate come sono dalla propria maginalità: più che condannare la cattiveria, la rappresentazione della trasgressione oggi finisce col renderla triviale.

Da un punto di vista prettamente storico, è interessante notare come la caccia alle streghe intrapresa dagli europei sia coincisa con l’affermazione e l’istituzionalizzazione di una visione del mondo che stabilisce l’umanità come una testa che esercita la propria volontà sul corpo altamente meccanizzato del mondo, affidabile e responsabile. Sopra di loro c’era solo Dio, e cos’era costui nella loro mente se non una proiezione di umanità su quanto di inspiegabile c’era nel mondo? Le streghe, per come vennero narrate dai loro assassini, potevano esistere solamente all’interno di una filosofia che sostenesse che gli individui siano capaci di incidere nella realtà tramite la completa applicazione di una volontà disincarnata. Questa filosofia costituisce un approccio alla magia che io chiamo l’Arcano. La magia arcana opera come estensione di chi la pratichi, avendo effetto nel mondo attraverso mezzi non riconoscibili per raggiungere uno specifico obiettivo. Dal momento che le pratiche dell’Arcano dipendono da un esercizio di volontà cosciente, faranno quindi affidamento ad un’idea umanistica che privilegi la coscienza sopra a tutto il resto.

L’animismo è un ottimo esempio di campo di pensiero in cui generalmente la nozione arcana di magia prevale dove una più fedelmente oscura concezione sarebbe più coinvolgente. Che quanto è non-umano (o non-senziente) si muova ed abbia una specie di vita (o volontà) propria è certamente un pensiero interessante, ed è complementare alla prospettiva di un mondo che non solo non ha bisogno di noi o non ci vuole, ma che banalmente è differente da noi al punto tale che la Volontà degli oggetti è, generalmente, inconoscibile per noi al di là di una generica comprensione delle forze che li muovono. Una pratica magica veramente oscura farebbe bene a concepire un mondo il più possibile incosciente. Come se fosse un esercizio di estinzione.

Più che agire nel mondo con quello che abbiamo di fronte, richiamiamo extraplanarmente una qualche qualità sconosciuta, sperando che ci possa venire in aiuto. In questo caso, la necromanzia – la scuola di magia dedicata allo sfruttamento dei morti – è più che un’intelligente analogia con la politica. È un effettivo dispiegamento pratico delle politiche di sinistra rispetto al mondo dei morti.

Il predisporre corpi e spiriti verso un conflitto tramite l’esortazione da parte di una rappresentanza auto-selezionata è l’obiettivo di ognuna di quelle anime tristi che vediamo imbracciare un cartello nelle strade. Sia che questo dica: “PENTITI O AFFRONTA IL GIUDIZIO” o che esclami: “RIVOLUZIONE ORA!”, la filosofia operativa è composta essenzialmente dalla stessa chiamata ai morti perché si sveglino.

Forse il vecchio socialista che vediamo urlare slogan e rifilare giornali stucchevoli vive in quell’angolo di strada. Chi lo sa? E chissenefrega? Se fosse così non sarebbe che un altro corpo che schiviamo gentilmente mentre ci rechiamo a lavoro. Un giorno sì ed uno no, lui o qualche altr* ferrovecchio è lì a sventolare giornali chiamando perfett* sconosciut* “compagno/a”, e diffondendo la buona novella. Probabilmente comprerei il giornale di tanto in tanto se sapessi che questa persona è lì per i soldi, ma non sopporto l’idea di offrire una qualsiasi forma di validazione alle sue fantasie auto-esaltanti. Voglio piuttosto che si scoraggi e molli tutto, per essere non solo insoddisfatto della vita, ma anche dei metodi con cui ci fa i conti. Se cerchi aiuto e compagnia urlando nel vuoto, solo il vuoto risponderà. La politica è la necromanzia dell’Hellworld quotidiano.

Quando il rituale finì ed ognun* si stava asciugando le lacrime prima di mettersi in cammino per lasciare il bosco, rimasi ancora un minuto. Mettendomi in ginocchio sulla terra umida, esaminai l’anello di candele che formava il cerchio attraverso il quale credo dovesse avvenire l’evocazione degli spiriti. Scelsi una candela, la chiamai Emily, e spezzai il cerchio spegnendola con un soffio, perché questo è quello che per me è Emily ora. Emily è precisamente non-Emily, la particolare assenza di Emily. Emily è solo un nome che potrei dare alla mia amarezza. Questo è quello che Hellworld è: la sensazione che qualcun* sia assente da una funzione finché realizzi che è solo mort*. È l’inversione di qualsiasi cosa che so essere buona nel mondo. Un* dei membri della Commissione delle Streghe si accorse che ero abbastanza pres* male. Mi mise la sua mano sulla schiena e mi disse che mi avrebbe riportato al campeggio.

Non mi ritengo ate* rispetto alla magia. I rituali possono essere significativi e potenti. Il cerchio magico ha i suoi limiti, però, e piuttosto che le anime dei/delle nostr* amat* credo che quella volta invocammo la catarsi: una che potessimo provare a condividere. Quello che invocammo fu un altro giorno preso in prestito al nostro terrificante futuro. Qualsiasi cosa mi aiuti a superare una giornata è abbastanza buona per me. Quello a cui sono veramente interessat* è saccheggiare quanto mi sia mai piaciuto e spellare vivi i ragazzini ricchi di Instagram, ma mi occorrerà qualche giorno in più per riuscire a fare accadere queste cose. Sono felice che la Commissione delle Streghe mi abbia potuto dare qualcosa, almeno.

Quando Hellworld si prende qualcun* di noi, e riusciamo ad accettarne la morte, questo sintetizza il problema essenziale di cosa sia la vita per noi qui e ora. Se Hellworld, o il capitalismo, o qualsiasi nome gli si voglia dare, è la morte di quello che ci piace, allora bisogna uccidere Hellworld. Dobbiamo ribaltare il mondo, caverne la gioia e frantumare tutto quello che rimane. Elaboriamo una magia che ci permetta di fare questo.

Harper Ferry

 

Emily Smalls
RIP Emily Smalls
Hesh Paul
RIP Hesh Paul